Il prof. Patrizio Bianchi è il nuovo ministro dell’istruzione. Un breve profilo

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Ieri Mario Draghi ha annunciato la lista dei ministri. Senza molte sorprese, il nome circolava quasi da subito, è stato nominato ministro dell’istruzione il prof. Patrizio Bianchi.

Nato in provincia di Ferrara il 28 maggio del 1952, laureatosi in scienze politiche a Bologna, si perfeziona a Londra presso la London School of Economics and Political Science  (Scuola di economia e scienze politiche).

L’attività accademica incomincia nel 1980 quando diviene ricercatore presso l’università di Trento, nel 1986 entra nell’orbita dell’università di Bologna, dove diventerà professore associato nel 1994. In seguito si trasferisce presso l’università di Ferrara dove diventerà rettore nel 2004.

Politicamente viene considerato di scuola prodiana, è stato assessore all’istruzione in Emilia Romagna sia con la giunta guidata da Vasco Errani che con quella passata guidata da Stefano Bonaccini. Era stato individuato anche per coordinare la task force ministeriale voluta da Lucia Azzolina per la ripartenza dopo la pandemia da Covid 19, ma è entrato in contrasto con la ministra che non avrebbe considerato il piano organizzato dal gruppo di lavoro e secondo il prof. Bianchi si sarebbe concentrata solo su banchi e mascherine.

Nell’ottobre del 2020, edizione il Mulino, è stato pubblicato un testo del prof. Bianchi “Nello specchio della scuola. Quale sviluppo per l’Italia”, dal quale si potrebbe in parte cogliere la sua idea di scuola. In particolare nel libro il neo ministro si sofferma sullo stretto legame che c’è tra educazione e sviluppo. In più passi si fa notare come l’Italia è la nazione che in Europa è cresciuta meno e contemporaneamente è anche quella che meno ha investito in istruzione, con continui tagli. Per superare la crisi economica portata dalla pandemia, secondo il prof. Bianchi, si deve rivedere il mondo della scuola, non è infatti necessario ritornare ai livelli prepandemici, in quanto già allora l’Italia era in ritardo rispetto alle altre nazioni. Nel testo si sottolinea anche che si deve superare “l’alternanza scuola lavoro” e pensare ad una “scuola fuori della scuola” e a patti di comunità. Al centro di tutto ci deve essere la rivalutazione del ruolo dell’insegnante, con una scuola che rimuova davvero le diseguaglianze e non che le evidenzi. La strada maestra resta il dettato Costituzionale.

Vedremo quanto della visione della scuola del ministro sarà poi tradotto in realtà e soprattutto se riuscirà a portare quelle risorse che la scuola italiana necessità.

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