05 Ott
Convegno nazionale “Il lungo addio della scuola istituzione. Cui prodest?”, promosso in collaborazione con l’Associazione Docenti Art.33
La scuola pubblica statale non è un parco giochi dove intrattenere i ragazzi, né un servizio di istruzione a richiesta, dove si erogano prestazioni in base ai desiderata degli utenti e si garantisce il successo formativo. La scuola pubblica statale è, come da dettato costituzionale, un’istituzione della nostra Repubblica, dove l’insegnante, nel pieno rispetto della sua libertà professionale, dovrebbe trasmettere conoscenze e sviluppare il pensiero critico degli alunni formandoli come futuri cittadini. A nessuno, dunque, giova l’involuzione di stampo aziendalista, né la deriva ludica, semplicistica e buonista verso cui si sta dirigendo pericolosamente il sistema di istruzione italiano. Nella Giornata Mondiale degli Insegnanti il messaggio lanciato dalla Gilda degli Insegnanti è che i docenti italiani non ci stanno ad assistere – braccia conserte – a questo degrado e chiedono con forza alla classe politica di invertire la rotta e restituire alla scuola e alla loro professione l’autorevolezza e la dignità che spetta loro.
“La scuola può essere un ascensore sociale soprattutto per i giovani più svantaggiati soltanto se è in grado di fornire strumenti di conoscenza e cultura”, afferma Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, in occasione del convegno nazionale “Il lungo addio della scuola istituzione. Cui prodest?”, promosso in collaborazione con l’Associazione Docenti Art.33, che si è svolto questa mattina a Roma. “Se la scuola, però, abdica a questo compito, rischia di diventare un ulteriore fattore di disuguaglianza: gli studenti appartenenti a famiglie abbienti si indirizzeranno verso istituti privati di alto livello, che non si limitano a rilasciare semplicemente un pezzo di carta al termine del ciclo scolastico, mentre gli alunni in condizioni economiche e sociali disagiate dovranno accontentarsi di un’istruzione di qualità inferiore. Lo stesso discorso vale per gli insegnanti, con quelli più motivati e preparati che tenderanno verso scuole di rango più elevato. Per evitare che questo fenomeno assuma dimensioni sempre più ampie, – avverte Di Meglio – è necessario creare un sistema che incentivi la professione docente, ma non ricorrendo a meccanismi di finta premialità, bensì investendo seriamente risorse nella formazione e portando gli stipendi degli insegnanti a livelli dignitosi”.
A concorrere al peggioramento della scuola pubblica statale è stata, secondo il coordinatore nazionale della Gilda, anche l’abolizione dei programmi ministeriali in favore di indicazioni nazionali ampie. “Quando venivano applicati gli ormai tramontati programmi del 1955 – ricorda Di Meglio – la scuola elementare, oggi primaria, era la numero uno al mondo. Oggi, purtroppo, insieme con la secondaria di primo grado, anche questo ordine di scuola fa acqua. Invece di essere rafforzate, le conoscenze che si impartiscono nella scuola primaria sono state indebolite, compromettendo così la funzione fondamentale di integrazione dei nuovi cittadini che proprio la scuola primaria è chiamata ad assolvere in prima linea. A fronte di tutto ciò – rileva Di Meglio – risulta paradossale che la classe politica, responsabile del diluvio di riforme che si è abbattuto sul nostro sistema di istruzione, denunci con lacrime di coccodrillo l’abbassamento del livello della scuola”.