02 Mar
In questi giorni la campagna vaccinale sta riguardando tutti gli operatori scolastici. Nello specifico, il personale di interi istituti scolastici è alle prese con la somminstrazione del vaccino AstraZeneca o del vaccino Pfizer (riservato agli ultra 55enni o a chi ha patologie autodichiarate).
Da questo ne scaturisce una organizzazione interna alle scuole che non sempre garantisce la privacy di tutto il personale coinvolto.
Ci segnalano elenchi resi pubblici, anche tramite gruppi whatsapp, con i nominativi di chi ha patologie e addirittura elenchi dove si richiede di indicare la volontà di vaccinarsi o no.
Le disposizioni sulla privacy che sono certamente erette a difesa delle libertà individuali, rendono private e personali le scelte di ognuno, senza che le stesse siano poi divulgate. Pertanto è ovvio, per assurdo, che nessuno è obbligato a manifestare la propia volonta di vaccinarsi, e nessuno è tenuto a mettere in piazza quelle che sono informazioni legate alla salute di chiunque “Nenche il datore di lavoro o chi per lui”.
A tal proposito il garante per la privacy risponde a 3 domande:
La prima: “il datore di lavoro può chiedere conferma ai propri dipendenti dell’avvenuta vaccinazione?”.
La risposta del Garante è “no. Il datore di lavoro non può chiedere ai propri dipendenti di fornire informazioni sul proprio stato vaccinale o copia di documenti che comprovino l’avvenuta vaccinazione anti Covid 19”. E ciò neppure con il consenso del lavoratore. Infatti, scrive il Garante, “il datore di lavoro non può considerare lecito il trattamento dei dati relativi alla vaccinazione sulla base del consenso dei dipendenti, non potendo il consenso costituire in tal caso una valida condizione di liceità”.
La seconda: “il datore di lavoro può chiedere al medico competente i nominativi dei dipendenti vaccinati”.
La risposta dell’Autorità per la protezione dei dati personali è ancora una volta no: “il medico competente non può comunicare al datore di lavoro i nominativi dei dipendenti vaccinati”. E aggiunge: “solo il medico competente può infatti trattare i dati sanitari dei lavoratori e tra questi, se del caso, le informazioni relative alla vaccinazione, nell’ambito della sorveglianza sanitaria e in sede di verifica dell’idoneità alla mansione specifica (…). Il datore di lavoro può invece acquisire, in base al quadro normativo, i soli giudizi di idoneità alla mansione specifica e le eventuali prescrizioni e/o limitazioni in essi riportati”.
Infine, la terza domanda: “La vaccinazione anti covid 19 dei dipedenti può essere richiesta come condizione per l’accesso ai luoghi di lavoro e per lo svolgimento di determinate mansioni (ad es. in ambito sanitario)?”.
La risposta del Garante: nell’attesa dell’intervento del legislatore che “valuti se porre la vaccinazione anti Covid 19 come requisito per lo svolgimento di determinate professioni, attività lavorative e mansioni”, “allo stato, nei casi di esposizione diretta ad “agenti biologici” durante il lavoro, come nel contesto sanitario che comporta livelli di rischio elevati per i lavoratori e per i pazienti, trovano applicazioni le “misure speciali di protezione” previste per taluni ambienti lavorativi (art. 279 nell’ambito del Titolo X del d.lgs. 81/2008)”.
(da InfoDocenti.it)