11 Gen
Nell’anno scolastico 1949/50, giusto settant’anni fa, un giovane maestro di Racalmuto, paese dell’entroterra siciliano, entra in classe al suo primo incarico. “Non è senza timore che inizio la mia opera di insegnante – scrisse nel registro di classe – A questo primo brusco contatto, l’opera educativa a cui mi ritenevo, per esperienze libresca, preparato e che perciò vagheggiavo perfetta, mi si presenta alquanto scoraggiante e difficoltosa”.
Difficoltà di insegnare ad alunni che avevano fame, figli di zolfatari e contadini, di braccianti. Eppure, da questa esperienza che durerà fino al 1957 (Sciascia verrà poi distaccato al ministero, a Roma, per un anno, e poi a Caltanissetta) il giovane intellettuale di Racalmuto, che inizierà proprio in quegli anni a scrivere e a pubblicare saggi su giornali e riviste, ne riceverà un racconto, “Cronache scolastiche”, primo nucleo del suo vero primo libro, “Le parrocchie di Regalpetra”, pubblicato da Laterza nel 1956.
Tutto parte da Racalmuto, la sua letteraria Regalpetra. Qui nasce lo scrittore l’8 gennaio di cento anni fa. Leonardo Sciascia, tra i più grandi scrittori del Novecento europeo, nato nel cuore della Sicilia. Quasi un destino, quello di nascere in questa terra segnata, come ha scritto, da “traumi pirandelliani”, che certamente ha influito molto nella sua lucida scrittura, nel suo pensiero illuminante, nella sua lezione civica.
È da questo mondo circondato da sale e zolfo che nasce l’uomo che per primo avrebbe raccontato la mafia, che avrebbe spiegato come pochi gli intrecci tra politica e malaffare, intrecciando il suo impegno civile con le mille passioni per i libri, gli scrittori, le arti grafiche, il cibo. Da qui, dalla Racalmuto osservatorio del mondo, ha contraddetto e si è contraddetto, sempre inseguendo la verità, anche quando fa male e disturba.
In questi luoghi – sempre più vuoti, sempre più spenti – Sciascia ha assorbito le “oscure storie squarciate dalla tragica luce bianca dall’acetilene”, ha saputo prendere il meglio di un paese la cui gente ha sempre avuto il dubbio in testa e poca fiducia alla voce dei potenti. Come il suo amato fra Diego La Matina, anche lui nato qui e anche lui battezzato nella stessa chiesa Matrice (Leonardo sarà battezzato a tre anni, lo stesso giorno del battesimo del fratello Giuseppe), la cui meridiana segna ancora l’ombra del passato e “chissà quando – scrisse nelle “Parrocchie di Regalpetra” – segnerà l’ora di oggi, quella che è per tanti altri uomini nel mondo l’ora giusta”.
“A Racalmuto sono nato… E così profondamente mi pare di conoscerlo, nelle cose e nelle persone, nel suo passato, nel suo modo di essere, nelle sue violenze e nelle sue rassegnazioni, nei suoi silenzi, da poter dire quello che Borges dice di Buenos Aires: “Ho l’impressione che la mia nascita sia alquanto posteriore alla mia residenza qui. Risiedevo già qui, e poi vi sono nato”. Così scrisse nelle prime pagine di “Occhio di capra”.
Oggi, a cent’anni dalla sua nascita e ad oltre trent’anni dalla sua morte, bisogna tornare a leggere i suoi libri, farli conoscere ai più giovani e carpire dalla sua lezione civile che le idee possono smuovere il mondo. E intraprendere un “viaggio” nel suo mondo, nei luoghi che ha amato e vissuto. Come ho cercato di fare, con Gigi Restivo, nel libro appena uscito per Zolfo editore, “Dalle parti di Leonardo Sciascia”.
(Salvatore Picone da InfoDocenti.it)