CCNI sulla didattica integrata digitale. Un testo precario, senza risorse e che non garantisce i diritti dei docenti.

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L’ipotesi di CCNI che dovrebbe normare la prestazione dei docenti in Didattica Integrata Digitale (evoluzione lessicale e che rende nella sostanza strutturale la Didattica a Distanza) è forse il contratto che nel corso della storia delle relazioni sindacali della scuola risulta avere avuto il minor consenso sindacale e del personale scolastico di sempre.

Infatti, le firme che la Cisl-Scuola (in data 25 ottobre 2020) e la FLC-Cgil (in data 6 novembre 2020) hanno concesso alla ministra Azzolina da sole non sarebbero bastate a raggiungere la soglia del 51% dei rappresentativi, per mandare in vigore le norme del CCNI è servita anche la firma dell’ANIEF, il sindacato a cui apparteneva la ministra prima dell’elezione alla Camera dei Deputati.

Con tutto ciò, la somma dei tre firmatari si attesta appena sopra il 51% avendo la Uil-Scuola, lo Snals e la Gilda degli Insegnanti rifiutato di firmare il CCNI a causa sia del metodo che del merito palesati durante la contrattazione presso il ministero.

Per quanto riguarda il metodo, le sigle che non hanno firmato hanno denunciato il ritardo con il quale il ministero ha portato in contrattazione l’istituto della DID. Infatti l’art. 2, comma 3 e comma 3-ter del DL 22 aprile 2020, n. 22 (convertito con modificazioni dalla legge 6 giugno 2020, n. 41) già dalla primavera aveva previsto un CCNI sulla materia, ma nonostante i tanti solleciti delle OOSS il ministero non aveva mai convocato alcun tavolo di contrattazione. Solo il 23 ottobre, quando la maggior parte delle scuole secondarie di secondo grado era in DID, sotto la spinta della recrudescenza del virus è arrivata la convocazione delle delegazioni trattanti con la pretesa di chiudere il CCNI entro sabato 24.

Ad una lettura attenta delle prime bozze del testo del CCNI predisposte dal Ministero emergeva l’evidente ed inaccettabile impostazione tipica delle note ministeriali, suffragata dalle due pagine di premesse normative. Del resto pure nella stesura finale il testo del CCNI manca dei presupposti fondamentali di un Contratto: la prestazione e la durata, oltre alle risorse. Questo è così evidente che sono state necessarie ben due note interpretative, una del 5 e una del 9 novembre, a firma del capodipartimento, dott. Bruschi, con lo scopo di definire il cosa e il come i docenti debbano fare in regime di DID. Procedura decisamente irrituale per un contratto, che immagino giustificata solamente dalla ambiguità e precarietà del testo firmato. Il CCNI in effetti, nel suo non essere un contratto, lascia molto spazio alla libera interpretazione dell’Amministrazione centrale e dei Dirigenti scolastici (cit. “potere datoriale”).

Se lo scopo del CCNI era quello di mettere ordine nella prestazione in DID dei docenti, così da non ripetere gli errori e gli abusi della prima fase dell’epidemia, è chiaro a tutti coloro che hanno frequentato le aule scolastiche in questa prima settimana, nella quale sono state messe in atto le ambigue misure del CCNI e della nota, che ciò non è avvenuto. Purtroppo, come testimoniano i tanti episodi citati dagli organi di informazione, è facile constatare come l’improvvisazione e la confusione regnino sovrane negli Istituti e quali e quante siano le difficoltà dei docenti e degli studenti.

In conclusione, un Contratto inutile, forse anche dannoso, per chi pensava avesse lo scopo di organizzare meglio la DID nel rispetto del diritto all’istruzione degli studenti e dei diritti contrattuali degli insegnanti in questo pesante contesto di diffusione dell’epidemia.

(da InfoDocenti.it)

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